Gli anni Sessanta sono stati teatro di un dibattito internazionale scaturito dalla comprensione che gli indicatori economici relativi alla crescita di un Paese non fossero sufficienti a descriverne l’effettivo livello di sviluppo. Questa acquisizione ha comportato che le valutazioni sull’andamento delle economie effettuate solo sulla base degli indici economici e finanziari locali risultassero inadeguate. Per identificare lo stato di salute reale di un Paese o di una regione, si è resa indispensabile l’introduzione d’indicatori sociali, ambientali, politici e strutturali che rilevassero in modo esaustivo l’andamento del sistema. In aggiunta, si è acquisita la consapevolezza che solo una verifica comparativa dei risultati, con quelli di altri Paesi, avrebbe garantito l’attendibilità di tali valutazioni. Oggi, la sostenibilità dei modelli di transizione, con particolare riferimento al cono sud dell’America latina, si confronta con nuovi termini e criteri scaturiti dalle emergenti dinamiche globali. Le risposte sociali e politiche che la comunità internazionale chiede a questi Paesi nascono e sono valutate da nuove e più complesse angolazioni. Sulla base di tali premesse, un impegno prioritario, comune ai Paesi del sud America, è divenuto la ricerca di ricette di politica economica e sociale atte a fronteggiare il cosiddetto crecimiento sin equidad, ovvero l’aumento della ricchezza assoluta di un Paese non accompagnata da un’equa distribuzione del reddito e, conseguentemente, dalla riduzione della povertà. Tale divaricazione del tessuto sociale, se non impedisce nel breve temine il successo economico e finanziario di uno Stato, nel lungo periodo ne sottopone l’economia a rischi di contrazione, di arretramento o addirittura di tracollo e crisi sociale. La comunità internazionale conviene oggi nell’affermare che lo sviluppo di un Paese sia determinato dalla riduzione della soglia di povertà e del deficit democratico. Una testimonianza è offerta dalla regione del cono sudamericano dove, fino agli anni Settanta, molti Paesi avevano vantato redditi medi simili a quelli di europei, senza però condividerne le politiche di distribuzione della ricchezza e il grado di democrazia. Quest’ultima differenza ha determinato il successivo sviluppo delle due aree, oggi tanto diverse tra loro, per crescita economica e per transizione democratica. Uno dei Paesi oggi più esposto ai rischi conseguenti alla crescita senza redistribuzione è il Cile. La vincente strategia di decollo economico avviata dalla dittatura cela numerosi coni d’ombra, per la rapidità con cui essa è stata realizzata e per le modalità con cui il Paese ha gestito, contemporaneamente al suo successo, i rapporti con le nazioni vicine. Il Cile fatica a conciliare la condivisione di un’appartenenza regionale, molto sentita da altri Stati dell’area, con le sue scelte politiche e commerciali internazionali. In un primo momento, i successi economici e commerciali sono valsi al Cile l’apprezzamento delle grandi potenze mondiali e delle maggiori istituzioni economiche internazionali, che ne hanno messo in rilievo la posizione di anello forte, di tenuta di tutto il cono sud latino americano. In conseguenza, il Paese è divenuto rapidamente un partner privilegiato nell’area ed è stato anche promosso come modello di sviluppo per tutte le altre nazioni sudamericane. Nel medio e lungo termine, tuttavia, l’apertura internazionale e lo sviluppo economico di questi Stati sono evoluti con modalità complesse e imprevedibili ed hanno profondamente influenzato i percorsi di transizione dei singoli sistemi nazionali, compreso quello cileno, e l’intera regione-mondo sudamericana. Per queste ragioni, la valutazione dei modelli di transizione alla democrazia e di apertura internazionale adottati dagli Stati sudamericani nelle recenti decadi, è al centro di un dibattito assai attuale, che coinvolge tanto le Istituzioni internazionali, che le amministrazioni di tali Paesi. I saggi qui raccolti prendono ad oggetto alcune delle tematiche di tale dibattito, la cui definizione e analisi, senza pretese di risoluzione, è mirata a focalizzare i nodi che ostacolano la crescita delle nazioni sudamericane. La raccolta è strutturata nel modo seguente. Il primo saggio è dedicato alla definizione dei criteri metodologici scelti per affrontare l’analisi del cono sud latino americano. Il secondo contributo ripercorre la storia recente del Cile, dal governo della Unidad Popular di Salvador Allende (1970-1973) alla presidenza Bachelet (2006-oggi), scandendo le tappe che hanno portato alla realizzazione del “miracolo cileno”. Il terzo capitolo è dedicato al Mercosur, l’unione regionale dell’area sudamericana, oggi sostanzialmente bloccata nel suo processo d’integrazione, per una crisi le cui radici risalgono all’atto della sua istituzione. Il saggio successivo è dedicato alla comparazione delle due realtà, quella cilena e quella del Mercosur, nella loro transizione alla democrazia e allo sviluppo, e nella loro apertura internazionale. Gli ultimi due contributi affrontano alcune tematiche specifiche e cruciali per la macroregione. Il primo è dedicato ai rapporti commerciali e ai diversi approcci delle realtà considerate al mercato mondiale. Il secondo analizza il ruolo e le responsabilità della comunità internazionale nel processo di transizione di quei Paesi.

CILE E MERCOSUR: modelli di sviluppo e di internazionalizzazione

LENZI F.R.
2009-01-01

Abstract

Gli anni Sessanta sono stati teatro di un dibattito internazionale scaturito dalla comprensione che gli indicatori economici relativi alla crescita di un Paese non fossero sufficienti a descriverne l’effettivo livello di sviluppo. Questa acquisizione ha comportato che le valutazioni sull’andamento delle economie effettuate solo sulla base degli indici economici e finanziari locali risultassero inadeguate. Per identificare lo stato di salute reale di un Paese o di una regione, si è resa indispensabile l’introduzione d’indicatori sociali, ambientali, politici e strutturali che rilevassero in modo esaustivo l’andamento del sistema. In aggiunta, si è acquisita la consapevolezza che solo una verifica comparativa dei risultati, con quelli di altri Paesi, avrebbe garantito l’attendibilità di tali valutazioni. Oggi, la sostenibilità dei modelli di transizione, con particolare riferimento al cono sud dell’America latina, si confronta con nuovi termini e criteri scaturiti dalle emergenti dinamiche globali. Le risposte sociali e politiche che la comunità internazionale chiede a questi Paesi nascono e sono valutate da nuove e più complesse angolazioni. Sulla base di tali premesse, un impegno prioritario, comune ai Paesi del sud America, è divenuto la ricerca di ricette di politica economica e sociale atte a fronteggiare il cosiddetto crecimiento sin equidad, ovvero l’aumento della ricchezza assoluta di un Paese non accompagnata da un’equa distribuzione del reddito e, conseguentemente, dalla riduzione della povertà. Tale divaricazione del tessuto sociale, se non impedisce nel breve temine il successo economico e finanziario di uno Stato, nel lungo periodo ne sottopone l’economia a rischi di contrazione, di arretramento o addirittura di tracollo e crisi sociale. La comunità internazionale conviene oggi nell’affermare che lo sviluppo di un Paese sia determinato dalla riduzione della soglia di povertà e del deficit democratico. Una testimonianza è offerta dalla regione del cono sudamericano dove, fino agli anni Settanta, molti Paesi avevano vantato redditi medi simili a quelli di europei, senza però condividerne le politiche di distribuzione della ricchezza e il grado di democrazia. Quest’ultima differenza ha determinato il successivo sviluppo delle due aree, oggi tanto diverse tra loro, per crescita economica e per transizione democratica. Uno dei Paesi oggi più esposto ai rischi conseguenti alla crescita senza redistribuzione è il Cile. La vincente strategia di decollo economico avviata dalla dittatura cela numerosi coni d’ombra, per la rapidità con cui essa è stata realizzata e per le modalità con cui il Paese ha gestito, contemporaneamente al suo successo, i rapporti con le nazioni vicine. Il Cile fatica a conciliare la condivisione di un’appartenenza regionale, molto sentita da altri Stati dell’area, con le sue scelte politiche e commerciali internazionali. In un primo momento, i successi economici e commerciali sono valsi al Cile l’apprezzamento delle grandi potenze mondiali e delle maggiori istituzioni economiche internazionali, che ne hanno messo in rilievo la posizione di anello forte, di tenuta di tutto il cono sud latino americano. In conseguenza, il Paese è divenuto rapidamente un partner privilegiato nell’area ed è stato anche promosso come modello di sviluppo per tutte le altre nazioni sudamericane. Nel medio e lungo termine, tuttavia, l’apertura internazionale e lo sviluppo economico di questi Stati sono evoluti con modalità complesse e imprevedibili ed hanno profondamente influenzato i percorsi di transizione dei singoli sistemi nazionali, compreso quello cileno, e l’intera regione-mondo sudamericana. Per queste ragioni, la valutazione dei modelli di transizione alla democrazia e di apertura internazionale adottati dagli Stati sudamericani nelle recenti decadi, è al centro di un dibattito assai attuale, che coinvolge tanto le Istituzioni internazionali, che le amministrazioni di tali Paesi. I saggi qui raccolti prendono ad oggetto alcune delle tematiche di tale dibattito, la cui definizione e analisi, senza pretese di risoluzione, è mirata a focalizzare i nodi che ostacolano la crescita delle nazioni sudamericane. La raccolta è strutturata nel modo seguente. Il primo saggio è dedicato alla definizione dei criteri metodologici scelti per affrontare l’analisi del cono sud latino americano. Il secondo contributo ripercorre la storia recente del Cile, dal governo della Unidad Popular di Salvador Allende (1970-1973) alla presidenza Bachelet (2006-oggi), scandendo le tappe che hanno portato alla realizzazione del “miracolo cileno”. Il terzo capitolo è dedicato al Mercosur, l’unione regionale dell’area sudamericana, oggi sostanzialmente bloccata nel suo processo d’integrazione, per una crisi le cui radici risalgono all’atto della sua istituzione. Il saggio successivo è dedicato alla comparazione delle due realtà, quella cilena e quella del Mercosur, nella loro transizione alla democrazia e allo sviluppo, e nella loro apertura internazionale. Gli ultimi due contributi affrontano alcune tematiche specifiche e cruciali per la macroregione. Il primo è dedicato ai rapporti commerciali e ai diversi approcci delle realtà considerate al mercato mondiale. Il secondo analizza il ruolo e le responsabilità della comunità internazionale nel processo di transizione di quei Paesi.
2009
978-88-6134-3900
transizione
sviluppo
America Latina
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/20.500.14244/5358
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