Per una pedagogia dialogica dell'educazione religiosa

The contribution proposes the reworking of a number of elements of Martin Buber’s philosophy and pedagogy of dialogue that may be useful for the teaching of religion in school. Beyond a strictly confessional form of teaching, pedagogy of the dialogue indicates, in fact, those strategies to make the educator a facilitator of the meeting with the Eternal Thou. Within this the relational reality, which is referred to, is multidimensional and multifaceted; the interaction between teacher and student is only one of the dimensions touched upon and is an opportunity for the interplay between maieutics and revelation. Religious education is thus configured not as claiming to "teach" religious sense, but as a commitment first and foremost to knowing how to re-present it as an existential question. The model from which Buber elaborates his own pedagogical reflections is that of the relationship between teacher and student in the mystical movement of Hasidism. The Zaddik, as teacher of Hasidim, is a facilitator and indicates the path along which to meet God. The disciple also learns more so than from the words of the Zaddik, but from his living presence. Teaching, more than theoretical, is eminently practical, leads to living in truth and experiencing true prayer. A holistic education of the person, even in a transcendent sense, must thus be particularly aware of the existential experience of those in educational training, also in the development of the interplay between language and mystery. The contribution also proposes a reworking of certain teaching strategies useful to the teaching of religion starting from the theoretical elements described.

Il contributo propone la rielaborazione di alcuni elementi della filosofia e pedagogia del dialogo di Martin Buber che possano essere di aiuto per l’insegnamento della religione a scuola. Al di là di un insegnamento strettamente confessionale, la pedagogia del dialogo indica, infatti, quelle strategie utili a fare dell’educatore un facilitatore dell’incontro con il Tu Eterno. In tutto ciò la realtà relazionale, cui si fa riferimento, è multidimensionale e poliedrica; l’interazione tra docente e allievo è solo una delle dimensioni coinvolte ed è occasione per la circolarità tra maieutica e rivelazione. L’educazione religiosa si configura, quindi, non come la pretesa di “insegnare” il senso religioso, ma come l’impegno innanzitutto a saperlo risvegliare come domanda esistenziale. Il modello a partire dal quale Buber elabora le proprie riflessioni pedagogiche è quello della relazione tra maestro e allievo nel movimento mistico del Chassidismo. Lo Zaddik, quale maestro dei Chassidim, è un agevolatore, indica la via sulla quale è possibile incontrare Dio. Il discepolo apprende, inoltre, più che dalle parole dello Zaddik, dalla sua viva presenza. L’insegnamento più che di tipo teorico è eminentemente pratico, conduce a vivere nella verità ed a fare esperienza di vera preghiera. Un’educazione “globale” della persona, anche in senso trascendente, dovrà, allora, tenere presente soprattutto il vissuto esistenziale di chi è in formazione, nella valorizzazione anche della circolarità tra mistero e linguaggio. Il contributo prospetta inoltre una rielaborazione di alcune strategie didattiche utili all’insegnamento della religione a partire dagli elementi teorici descritti.