Per Max Weber (1919), la politica implica l’esercizio di un potere. Tale potere si può manifestare in tre tipi ideali: tradizionale, carismatico e razionale-legale. Nella sua lezione sulla politica come professione, il sociologo tedesco tende a rappresentare la figura del politico come intriso di potere di suggestione sulle masse. In altre parole, l’impianto che struttura la categoria della politica come professione lascia intendere che essa si connoti maggiormente come esercizio di potere carismatico che non di altri tipi di potere. Questa struttura sembra essere in contrasto con la teoria dello Stato moderno (1922), in cui l’esercizio del potere è legittimato dal fatto che operi secondo ordinamenti legittimi sulla base di norme e procedure, ovvero dall’esercizio del potere legale-razionale. Si può ritenere, pertanto, che la politica come professione sia svincolata dal tipo di esercizio di potere, che è tipica dello Stato moderno, pur sopravvivendovi e proliferando, libera e forte di una certa atemporalità, di una perpetua e potente riproposizione coerente e infallibile di se stessa. Su tali premesse, Politik als Beruf può offrire una - complessa, almeno quanto densa - chiave di lettura dell’oggi, rafforzata anche dalla stagione di crisi che accomuna l’epoca politica in cui Weber scrive e quella in cui questa riflessione viene sollecitata. Il saggio si propone di osservare le categorie weberiane offerte nell’opera in oggetto – l’orientamento del politico a vivere per la politica o di politica, il partito di dilettanti e il partito di uomini di affari, il leader disinteressato e il demagogo – alla luce della realtà italiana della seconda e, come conseguenza, della terza Repubblica. Per dare corpo empirico a tale riflessione, saranno contestualmente commentati alcuni dati, sottoposti a elaborazione, relativi all’evoluzione della partecipazione e degli orientamenti al voto nelle ultime tornate elettorali (2013-2018). I dati offrono una duplice prospettiva di riflessione, in chiave weberiana: il cambiamento delle forme di partecipazione e di adesione alla politica, da tradizionali a fideistiche, “usa e getta” e virtuali, e l’estemporaneità e la velocità di formazione/trasformazione/disgregazione - più in generale, la volatilità - degli impianti, degli apparati e degli attori individuali e collettivi della politica, a partire proprio dai “leader plebiscitari”.

La volatilità degli apparati politici. La teoria weberiana e il mutamento elettorale a Roma

LENZI F.R.
2021-01-01

Abstract

Per Max Weber (1919), la politica implica l’esercizio di un potere. Tale potere si può manifestare in tre tipi ideali: tradizionale, carismatico e razionale-legale. Nella sua lezione sulla politica come professione, il sociologo tedesco tende a rappresentare la figura del politico come intriso di potere di suggestione sulle masse. In altre parole, l’impianto che struttura la categoria della politica come professione lascia intendere che essa si connoti maggiormente come esercizio di potere carismatico che non di altri tipi di potere. Questa struttura sembra essere in contrasto con la teoria dello Stato moderno (1922), in cui l’esercizio del potere è legittimato dal fatto che operi secondo ordinamenti legittimi sulla base di norme e procedure, ovvero dall’esercizio del potere legale-razionale. Si può ritenere, pertanto, che la politica come professione sia svincolata dal tipo di esercizio di potere, che è tipica dello Stato moderno, pur sopravvivendovi e proliferando, libera e forte di una certa atemporalità, di una perpetua e potente riproposizione coerente e infallibile di se stessa. Su tali premesse, Politik als Beruf può offrire una - complessa, almeno quanto densa - chiave di lettura dell’oggi, rafforzata anche dalla stagione di crisi che accomuna l’epoca politica in cui Weber scrive e quella in cui questa riflessione viene sollecitata. Il saggio si propone di osservare le categorie weberiane offerte nell’opera in oggetto – l’orientamento del politico a vivere per la politica o di politica, il partito di dilettanti e il partito di uomini di affari, il leader disinteressato e il demagogo – alla luce della realtà italiana della seconda e, come conseguenza, della terza Repubblica. Per dare corpo empirico a tale riflessione, saranno contestualmente commentati alcuni dati, sottoposti a elaborazione, relativi all’evoluzione della partecipazione e degli orientamenti al voto nelle ultime tornate elettorali (2013-2018). I dati offrono una duplice prospettiva di riflessione, in chiave weberiana: il cambiamento delle forme di partecipazione e di adesione alla politica, da tradizionali a fideistiche, “usa e getta” e virtuali, e l’estemporaneità e la velocità di formazione/trasformazione/disgregazione - più in generale, la volatilità - degli impianti, degli apparati e degli attori individuali e collettivi della politica, a partire proprio dai “leader plebiscitari”.
2021
9788835115786
weber
volatilità
teoria sociologica
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/20.500.14244/5284
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