I diritti umani costituiscono senza dubbio un nuovo diritto naturale dell’umanità: non nel senso del diritto naturale tanto esecrato e schernito dai giuristi, che li interpretano come un insieme di precetti reperiti dai singoli individui (quindi in modo arbitrario) nella “ragione umana” ed eretti a canoni di condotta superiori al diritto positivo. Piuttosto essi vanno considerati come un insieme di parametri di valutazione, concordemente distillati a opera degli Stati da tradizioni ideologiche e filosofiche, da precetti religiosi e concezioni del mondo e poi tramutati dagli Stati stessi in codice internazionale di condotta. Chiamare questo codice “nuova religione dell’umanità” solo perché esso vuole premiare certe esigenze dell’individuo, dei gruppi, dei popoli rischia di trasformarlo in mito, di astrarlo a “contruction d’un avenir indétérminé dans les temps”, come direbbe Sorel, di dargli in definitiva un valore utopico e, nel contempo, dottrinario, che esso non ha e non deve avere. Così facendo si rischia anche di invischiare il valore assoluto di tali diritti in scontri ideologici e poi strategico-militari, fino a pervertire la “religione” e tradurla in “crociata”, legittimando al limite intolleranze, manipolazioni, se non persecuzioni nel nome dei diritti stessi dell’uomo e negando così la loro stessa natura e contenuto.

Protagonisti ed antagonisti dei diritti umani: Stati, individui e popoli

LENZI F.R.
2008-01-01

Abstract

I diritti umani costituiscono senza dubbio un nuovo diritto naturale dell’umanità: non nel senso del diritto naturale tanto esecrato e schernito dai giuristi, che li interpretano come un insieme di precetti reperiti dai singoli individui (quindi in modo arbitrario) nella “ragione umana” ed eretti a canoni di condotta superiori al diritto positivo. Piuttosto essi vanno considerati come un insieme di parametri di valutazione, concordemente distillati a opera degli Stati da tradizioni ideologiche e filosofiche, da precetti religiosi e concezioni del mondo e poi tramutati dagli Stati stessi in codice internazionale di condotta. Chiamare questo codice “nuova religione dell’umanità” solo perché esso vuole premiare certe esigenze dell’individuo, dei gruppi, dei popoli rischia di trasformarlo in mito, di astrarlo a “contruction d’un avenir indétérminé dans les temps”, come direbbe Sorel, di dargli in definitiva un valore utopico e, nel contempo, dottrinario, che esso non ha e non deve avere. Così facendo si rischia anche di invischiare il valore assoluto di tali diritti in scontri ideologici e poi strategico-militari, fino a pervertire la “religione” e tradurla in “crociata”, legittimando al limite intolleranze, manipolazioni, se non persecuzioni nel nome dei diritti stessi dell’uomo e negando così la loro stessa natura e contenuto.
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/20.500.14244/5321
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